VIRUS – Città Metropolitana alza l’allerta sulle discriminazioni nella consegna dei buoni spesa
L’emergenza dettata dal coronavirus, con le sue ricadute sanitarie ed economiche, rivela con il trascorrere dei giorni una serie di aspetti problematici anche dal punto di vista delle discriminazioni.In particolare, il caso si è presentato con la consegna dei cosiddetti “buoni spesa” o fondi di solidarietà alimentare.
I Comuni e quindi i sindaci si sono così ritrovati alle prese con la possibilità di individuare i criteri di accesso al fondo e in tutto il nostro Paese si sono registrate situazioni molto diverse tra loro. A livello nazionale, l’UNAR Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali ha pubblicato linee guida specifiche, precisando come sia necessario estendere i buoni pasto a tutti i cittadini stranieri regolarmente soggiornanti e a quanti, privi di titolo di soggiorno, siano costretti temporaneamente sul territorio a causa del blocco della mobilità imposto dall’emergenza. Ha segnalato come il criterio della residenza risulti discriminatorio per tutti i cittadini senza fissa dimora, qualunque sia la loro cittadinanza, al punto che vengono così esclusi proprio i soggetti più vulnerabili.Sul nostro territorio, il nodo metropolitano per il contrasto alle discriminazioni di UNAR che ha sede nella Città metropolitana di Torino, in collaborazione con ASGI (Associazione studi giuridici sull’immigrazione) e IRES Piemonte, ha verificato la presenza di criteri discriminatori nei bandi comunali per l’accesso ai buoni spesa emergenza: sono stati analizzati i bandi di 198 Comuni del nostro territorio metropolitano, quelli con popolazione residente superiore a mille abitanti.
L’indagine ha evidenziato luci ed ombre: la maggior parte dei Comuni del territorio metropolitano ha chiesto come criterio di accesso alla misura il possesso della residenza, escludendo in questo modo tutti i gruppi sociali più esposti a rischio di povertà quali: persone senza dimora, stranieri rom e sinti.
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