REGIONE – Il Piemonte contro le tasse su plastica e zucchero
Una svolta ambientale è necessaria ma non attraverso l’inasprimento della tassazione per le imprese. Sugar tax e plastic tax, rimandate due volte e che dovrebbero esordire a gennaio, sono stati gli argomenti al centro di un seminario promosso dall’assessorato al Lavoro della Regione Piemonte.
Istituzioni, mondo dell’industria e delle associazioni di categoria si sono trovati d’accordo nell’affermare la necessità di un’alternativa di sviluppo che tenga insieme diversi pilastri della sostenibilità. Non solo ambientale,ma economica e sociale.
Ne è emerso il quadro di un Piemonte virtuoso, in cui il 96% della plastica è già frutto di riutilizzo. In Italia, che comunque è ultima in Europa per consumo di bibite zuccherate, un recente accordo tra Assobibe e Ministero della Salute impegna le aziende a ridurre del 10% lo zucchero nelle bevande.Viceversa, un recente studio Nomisma calcola che l’impatto di un incremento della pressione fiscale del 28% per litro di bevanda, previsto dalla sugar tax, potrebbe comportare perdite per 180 milioni di euro in un anno, mettendo a rischio i 5.000 posti di lavoro del settore. A questo quadro di per sé complesso si sommerebbe il raddoppio dei costi di approvvigionamento della plastica, anche se riciclabile al 100%, dovuti alla plastic tax.
Le aziende chiedono che le due tasse vengano cancellate, in favore di misure che favoriscano la ripresa e una normativa stabile e chiara che faciliti gli investimenti e la ricerca.
Ai lavori sono intervenuti il presidente e gli assessori al Lavoro, al Commercio e all’Agricoltura della Regione Piemonte, Confindustria, Assobibe, Mineracqua, Union Plast, esponenti di aziende, consorzi e organizzazioni sindacali.
Il presidente Alberto Cirio ha rilevato l’ambiente deve essere tutelato, in quanto risorsa fondamentale al pari della salute, ma che è altrettanto fondamentale introdurre un meccanismo di buon senso, non un esercizio sterile, ma anzi molto produttivo. Anche il Consiglio regionale deve essere coinvolto su questi argomenti, in modo che le Regioni non diventino soggetti che subiscono, ma siano invece soggetti che attivamente concorrono alla transizione ecologica, cioè al percorso che si deve fare, sempre tenendo presenti anche i livelli occupazionali che in Italia l’industria alimentare ha sempre garantito.
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