CARMAGNOLA – Si inaugura una nuova mostra a Palazzo Lomellini
Venerdì 9 giugno alle ore 18.00 a Palazzo Lomellini di Carmagnola viene inaugurata la mostra “Stanze da un altro secolo”. La mostra sarà visitabile sino al 30 luglio con i seguenti orari: giovedì, venerdì, sabato 15.30 – 18.30; domenica 10.30 – 12.30 / 15.30 – 18.30
Curata da Elio Rabbione e dall’Associazione Amici di Palazzo Lomellini, la mostra presenta una varietà di interni che riflettono il tenore di vita e lo status sociale dei proprietari. Si passa dalle eleganti stanze che testimoniano l’opulenza di alcuni, agli ambienti umili abitati da persone povere. E poi ancora i tanti esempi degli artisti racchiusi a lavorare nei propri studi, tra le pose alle diverse committenti e gli autoritratti da trasmettere a chi guarderà domani, qualche oggetto a far da contorno, le signore che il pomeriggio, nelle opere di Rosati e Carpanetto, con atteggiamenti da vere intenditrici, buttano l’occhio sull’ultima tela appena terminata, mentre magari l’autore, al riparo in un angolo, rovista forse tra un paio di bozzetti da regalare loro, come ossequioso incentivo all’acquisto.
La mostra si snoda attraverso secoli di pittura, partendo dagli ambienti del XVII secolo nell’Europa settentrionale e arrivando fino ai giorni nostri, attraverso grandi nomi come altri di minore importanza ed alcuni ancora nascosti nell’anonimato; prendere le mosse dagli ambienti seicenteschi, del nord Europa principalmente, per scendere sino ai giorni nostri, dimenticando per un attimo le pagine artistiche che sono state rivolte al paesaggio per entrare completamente all’interno delle “stanze” appunto.
L’esposizione delinea un percorso che illustra l’evoluzione delle idee e degli stili pittorici nel corso dei secoli, con un’attenzione particolare all’importanza dell’interiorità. La mostra offre una visione affascinante di stanze che si trasformano in spazi emotivi e vivi, incantando gli osservatori con maestria e affetto.
“Tra le opere – racconta Elio Rabbione – una tela dell’olandese Jacques de Claeuw, un’opera firmata, una mezza dozzina di personaggi che insegnano e apprendono, ancora un paio di persone sullo sfondo a osservare schizzi e opere appena conclusi, tra bozzetti e prove in primo piano, come in primo piano è quel mappamondo a glorificare i possedimenti olandesi conquistati nel mondo. Però non soltanto glorie da mostrare, ma nache Squallide bettole e clienti che hanno alzato troppo il gomito, coppie tra avance e letture in solitudine, semidei che seguono le orme degli umani.
E poi incisioni, “St. Albert” di Leonhard Beck, cinquecentesca, lo splendido deposito di botti dovuto a Jean Jacques Boisseau, seconda metà del settecento, la misera abitazione di Jean-Baptiste Le Prince, datata 1768.
Per proseguire con l’Ottocento, il realistico quadro di Demetrio Cosola, tra “occhi severi” e sguardi più benevoli, la vecchia di Delleani che controlla la sua povera stufa, la fantasiosa natura morta di Francesco Palizzi o quell’angolo di cucina di Vittorio Cavalleri, una grande aragosta in bella vista, tratteggiata con un tratto decisamente moderno.
Le incisioni che Celestino Turletti ricava dalle opere di Quadrone e di Grosso o la raffinatezza di Carl Albert Waltner, autore parigino tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi due decenni del Novecento, nel rendere la tela di Rembrandt.
Circa trenta autori ci regala il Novecento e arricchisce la mostra di opere di eccellenze. Gli ambienti qui sono quelli di Ugo Malvano e di Nella Marchesini, angoli di casa, persone familiari, la sedia la poltrona il tavolo del salotto attorno a cui fare conversazione, un susseguirsi di ricordi depositati negli anni in quelle stanze.
Come in un gioco di specchi, Mazzonis ritrae il pittore Nicola Arduino mentre sta dipingendo, Gianni Sesia della Merla, di recente scomparso e al quale questa mostra è dedicata, rende ambienti ovattati ricchi di innumerevoli particolari, Francesco Tabusso con “Sogno-Presagio” annega il proprio inquietante ambiente tra corvi candele sagome enigmatiche e uova al tegamino, mentre la Morte s’è levata la maschera e un incendio divampa inaspettato in lontananza.
Sei opere si mostrano a rappresentare la presenza dell’arte sovietica soprattutto della seconda metà del secolo scorso, dolce e accattivante, dalle tinte tenui, con pittori che continuano a immergerci nel loro studio, Igor Smekalov che sembra aver fatto sua la lezione casoratiana e tratteggia con una certa ansiosa irrequietezza le bambine delle sue opere. L’alessandrino Pietro Morando con questa “Natura morta” non è nella spigolosa immagine che conosciamo maggiormente, mentre con il rumeno Daniel Spoerri siamo di fronte ad un assemblaggio che ci trasporta ai limiti estremi delle “nature morte” seicentesche da cui eravamo partiti”.
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